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Bullismo…cos’è e come intervenire.

Sia in età infantile che nel corso dell’adolescenza è molto difficile inserirsi all’interno del gruppo dei pari e spesso la ricerca di conferme sociali attraverso l’emulazione di modelli negativi rappresenta una soluzione, seppur instabile.

Per queste ragioni, tale dinamica comportamentale spesso si pone come la radice del fenomeno sempre più diffuso del bullismo.

Le caratteristiche peculiari sono:

  • azioni mirate a far del male o a danneggiare gli altri,
  • il comportamento è sistematico e ripetuto nel tempo.
  • uno squilibrio di forze nel quale il ragazzo esposto ha difficoltà a difendersi,

i comportamenti di prepotenza tra bambini e adolescenti sono caratterizzati da oppressione fisica, verbale e psicologica, oppure possono essere in forma indiretta, è ciò che accade soprattutto nel bullismo al femminile in cui vengono utilizzati metodi di molestia meno visibili come la calunnia e la maldicenza.

Il bullismo va distinto dai comportamenti trasgressivi ed antisociali in adolescenza che possono essere inquadrati come episodi singoli. In quest’ultimo caso si tratta di angherie, litigi e discussioni tra pari che non creano necessariamente un’asimmetria nella relazione ed un vuoto di autorevolezza degli adulti; possono essere la manifestazione della difficoltà di apprendere e/o trovare un ruolo sociale, oppure di un tentativo d’individuare le modalità per prendere le misure tra sé e gli altri in un periodo di grandi cambiamenti, proprio dell’adolescenza.

In questa prospettiva l’aggressione verbale o anche fisica può essere inquadrata nell’ambito di episodi di conflitto tra coetanei, e quindi solo tra pari.

La specificità del bullismo consiste invece in una relazione particolare tra una vittima ed un carnefice.

Ciò che unisce la vittima al carnefice è una comune sfiducia nella possibilità degli adulti di capire i loro problemi e comporta di conseguenza un distanziamento da loro.

 

LE CONSEGUENZE E I SINTOMI…COME INTERVENIRE?

Le vittime di bullismo possono manifestare in diversi modi il proprio malessere. Alcuni ragazzi cercheranno di sottrarsi dai bulli evitando di andare a scuola, in alcuni casi si accompagnano sentimenti di paura della scuola e/o di uscire di casa, si possono sviluppare delle vere e proprie fobie specifiche con comportamenti di evitamento; possono lamentare sintomi da stress, mal di stomaco, mal di testa, incubi e attacchi d’ansia. Inoltre, possono generare effetti negativi sul rendimento scolastico dovuto ad un peggioramento della concentrazione e dell’apprendimento. Ed una volta diventate adulte, le vittime possono sviluppare disturbi emotivi quali la depressione.

La vittima non si rivolge al genitore in quanto crede di ferirlo nel comunicare la sua vulnerabilità. La reazione del genitore potrebbe poi dar luogo ad ulteriori situazioni di umiliazione: se il genitore della vittima si rivolge direttamente al bullo (o ai suoi genitori o alle autorità scolastiche) finisce con lo svilirlo ulteriormente. Ciò confermerebbe nell’adolescente/vittima la sensazione di essere “sbagliato”, che non se la sa cavare da solo e che crea problemi ai genitori in quanto li fa sentire umiliati, feriti e delusi.
Non bisogna dimenticarsi che anche il “bullo” soffre, manifesta un disagio, il suo comportamento è indice di debolezza e insicurezza. Molto spesso è il risultato di un vissuto familiare traumatizzante come ad esempio assistere a violenza domestica, o l’aver subito maltrattamenti dai genitori. Il bullo non si fida del genitore perché teme di diventare a sua volta oggetto di derisione o di aggressività verbale o fisica.

Rivolgersi al genitore è infatti impossibile in quanto il bullo si aspetta che questi reagisca contro di lui non permettendogli di entrare in contatto con i propri aspetti di vulnerabilità (dei quali non riesce a farsi carico). Egli teme che le sue emozioni creino irritabilità nel genitore più che una vera preoccupazione finalizzata al bisogno di comprendere il senso di azioni che esprimono un grave disagio. Il bullo manca di “mentalizzazione” cioè di capacità di capire se stesso e gli altri in termini di emozioni, sentimenti e intenzioni.
Durante il trattamento del bullo si può osservare quanto egli sia carente dal punto di vista della capacità di provare empatia.

La conoscenza permette ai genitori ed agli insegnanti di agire tempestivamente poiché le conseguenze psicologiche del bullismo sono considerate al pari di un evento traumatico.

Il trattamento psicoterapeutico EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), scoperto da Francine Shapiro nel 1989, è utilizzato per la cura delle conseguenze dei traumi, anche in quelli relazionali ed interpersonali conseguenti al bullismo. L’approccio offre l’occasione di aiutare le vittime a rielaborare l’impatto emotivo degli episodi di bullismo, rafforzando l’autostima. Alla fine di una terapia breve e mirata con l’EMDR, le vittime di bullismo riescono a vedere in modo più costruttivo queste esperienze e soprattutto possono crescere e sviluppare le risorse interne ed un senso di auto-efficacia. È possibile lavorare anche con il “bullo”, lo scopo è fargli rielaborare gli eventi e i modelli che possono averlo portato a sviluppare un comportamento così aggressivo e traumatizzante, oltre che a sviluppare modalità alternative di comportamento più sane per lui e per gli altri, lavorando sull’ empatia e la gestione della rabbia.

Per maggiori informazioni contattare:

Psicologa EMDR – Dott.ssa Sandra Cinti – 320/403.89.89

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