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I disturbi del linguaggio in età evolutiva

I disturbi del linguaggio in età evolutiva rappresentano i disturbi più frequenti tra i 2 e i 6 anni di vita e quasi il 40% degli invii in valutazione ai Servizi territoriali. I disturbi primari del linguaggio (ovvero quelli che non sono secondari ad altre patologie, congenite o acquisite) hanno una diffusione del 5-7% in età prescolare e tendono a ridursi nel tempo con una prevalenza dell’1-2% in età scolare.

I disturbi del linguaggio, così come quelli della comunicazione, presentano un insieme di quadri sindromici caratterizzati da difficoltà differenti per qualità e gravità nella comprensione, produzione e uso del linguaggio. Il deficit, infatti, può essere presente, contemporaneamente e con diverso livello di compromissione, in una o in più componenti linguistiche (lessico, semantica, sintassi).

La traiettoria evolutiva del disturbo (ovvero il suo cambiamento nel tempo) può quindi essere molto differente secondo la gravità, la pervasività e la persistenza dei vari deficit linguistici. In particolare, sembra molto importante distinguere il ritardo dal disturbo di linguaggio.

Esiste, infatti, una percentuale molto alta di bambini (13-20%) detti «parlatori tardivi» o late talker (ovvero bambini che hanno uno sviluppo del linguaggio espressivo più lento), che, in assenza di deficit uditivi, cognitivi, relazionali, hanno difficoltà ad acquisire il linguaggio a 24/36 mesi, periodo in cui la maggior parte dei coetanei già utilizza, invece, il linguaggio per comunicare e per costruire le proprie conoscenze sul mondo.

Molti di questi bambini iniziano a parlare più tardi ma rientrano successivamente in un range di normalità. Altri bambini, invece, consolidano questo ritardo che evolve in veri e propri disturbi di linguaggio.

L’età di 3 anni costituisce una sorta di spartiacque tra i bambini parlatori tardivi e i bambini con un probabile disturbo specifico di linguaggio.

La presenza di una produzione ancora non adeguata dovrà necessariamente essere valutata con un’attenta visita specialistica, che escluda problemi di natura neurologica, psicopatologica o sensoriale (al riguardo in presenza di un ritardo di comprensione o di produzione è sempre indicata l’esecuzione di un esame audiometrico, in particolare se nella storia del bambino si rilevano otiti ricorrenti).

Alcuni segnali di disturbi del linguaggio nel linguaggio espressivo possono essere:

  • Criticità a livello fono-articolatorio, ovvero l’emissione non corretta dei suoni:
    i bambini che imparano a parlare commettono spesso errori di articolazione dei suoni omettendendoli, sostituendoli o modificandoli (“pugna” al posto “spugna”, “lana” al posto di “rana”, “sciuscio” al posto di “ciuccio”): se questi permangono anche oltre la fase nella quale dovrebbero essere superati, oltre i quattro anni, i problemi fono-articolatori possono segnalare un disturbo del linguaggio.
  • Capacità di esprimersi con il linguaggio ma in maniera atipica rispetto alla normale evoluzione della morfosintassi:
    frasi o lessico semplificati, mancanti di parti fondamentali come i verbi, congiunzioni, articoli, o formalmente scorrette (“mela piace io” al posto di “mi piace la mela”): anche questo deficit espressivo presente a un’età nella quale il linguaggio dovrebbe aver raggiunto complessità e correttezza formale può essere indice di un disturbo del linguaggio

Alcuni segnali di disturbi del linguaggio nel linguaggio recettivo possono essere:

  • Difficoltà a comprendere parole e costrutti sintattici complessi e a eseguire istruzioni.
  • Difficoltà a memorizzare parole (e quindi ad ampliare il vocabolario a disposizione) rispetto ai bambini di pari età.

La comprensione del linguaggio dell’adulto, in ogni caso, rappresenta un parametro fondamentale per i tempi di un eventuale intervento. In questo caso, si possono tranquillamente aspettare i 36 mesi di età per richiedere una valutazione.

In caso contrario, è necessario che i genitori si attivino immediatamente per richiedere una valutazione specialistica.

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